Un disegno che presto sarà realtà (creazione sartoriale): si, lo voglio!
Ha senso fare una recensione ad un atelier di abiti da sposa, quando sei andata lì soltanto per vedere che cosa c'era e invece hai trovato già il tuo abito, ad un anno dalle nozze?
Per me sì.
Parliamo della data dell'appuntamento: 30 marzo, sabato santo.
Il sabato santo è il giorno del grande silenzio, per la liturgia cristiana, per me è stato il giorno della grande gioia, più che della stessa Pasqua.
Entrata in atelier, sono stata accolta da Nika, la proprietaria e la sua collaboratrice, di cui non ricordo il nome, ma che è stata quella che mi ha aiutato a provare i vari abiti con una delicatezza e attenzione impagabili. Ero andata a fare un giretto su Ivrea, qualche settimana prima, così per vedere materialmente come sono fatti gli atelier da sposa, non avendo mai avuto occasione di entrarci prima d'ora.
Ero molto nervosa e dopo le domande di rito (data del matrimonio, location prevista, budget stimato) , mi ha fatto una domanda spiazzante: "come ti immagini quel giorno?"
Ho riflettuto un attimo e poi guardandomi intorno, l’atelier mi infondeva una piacevole sensazione di calma, ho risposto con sicurezza: voglio sentirmi io, così come sono, estroversa e solare, come sono sempre, e l’abito deve rispecchiarmi così come sono, senza trasformarmi in un uovo di pasqua.
Lei, consapevole della sua trentennale esperienza in fatto di spose, mi ha detto semplicemente: bene nella vita essere consapevoli di sé è tutto, e mi pare che tu sei una molto spigliata che non vuole girare intorno alle cose. Ti mostro intanto il catalogo, così tu segni quei modelli che a tuo vedere ti potrebbero piacere e poi piano piano, sulla base di quello che individui scegliamo quello che ti potrebbe stare meglio.
Ho iniziato la prova e il primo abito, ancorché non proprio in misura (spesso negli atelier hanno abiti in misure ridotte o comunque non hanno tutte le misure di ciascun abito, per ragioni pratiche), lo sentivo come una nuvola addosso, anche se la gonna era di tulle non era di quelli che sembrano delle confezioni delle bomboniere, ma cadeva morbido e setoso al tatto.
Era un abito da tenere in considerazione, loro molto abilmente hanno chiuso fin dove arrivava, aiutandosi con nastri di seta per il corpetto.
Il secondo abito era una linea più morbida di taglia, ma era strano, l’ho provato solo perché il mio compagno (sì, mi ha accompagnata lui – e lui solo – quel giorno), lo aveva visto appeso e voleva vedere che effetto mi facesse addosso: era bello per carità e non mi stava neanche male ma era pura curiosità: mai e poi mai avrei preso un abito non bianco, la tradizione prima di tutto: questo era un delicato rosa cipria con scollo dritto senza maniche, con fiori colorati ricamati sul corpetto: bellissimo, ma non tradizionale.
Il terzo abito aveva lo scollo all’americana, ma l’effetto in foto non rendeva bene su di me.
Il quarto abito, quando l’ho messo, mi era piaciuto, ma un attimo dopo la mia mente ha iniziato a tornare al primo.
Io non avevo mai pensato ad un abito di stile principesco, con la gonna ampia, ma come stavo in quello in nessuno. Oltretutto, ancorché di taglia (si chiudeva alla perfezione), il corpetto lo sentivo leggermente stretto (loro mi hanno subito detto che non era un problema perché in sartoria lo avrebbero allargato per entrare nella mia misura, ma non era tanto quello il problema: non faceva difetto, ma il tessuto di chiffon mi faceva sembrare una tenda – lo stile impero è fatto così.
Al che, io nella mia testa mi iniziavo a vedere già con l’altro abito, ma poi pensavo: ma con il tulle come mi muovo? Io ho immaginato una bella festa, voglio ballare, ho paura di sentirmi goffa nei movimenti, così nel frattempo la titolare aveva fatto occhio alla collaboratrice e le ha detto: prendi la gonna di mikado.
E’ stata la svolta.
Ho reindossato il primo abito così com’era, col bel corpetto ricamato, le manichette a spallina, con la chiusura fatta con i nastri e sopra mi hanno fatto indossare dalla testa questa gonna in mikado di seta, con le tasche! Sono salita sulla pedana, mi sono vista allo specchio e improvvisamente non mi sentivo più una che stava vedendo per un abito se lo trovava o meno, ma che non sapeva bene cosa aspettarsi: ero una sposa.
Già in quel momento, ho sentito una sensazione di buco allo stomaco che ha provocato una reazione emotiva davvero molto forte, mi sentivo tremare le gambe e anche Roberto si era emozionato tantissimo nel vedermi così.
Così avrei potuto avere un abito, fatto da zero di un modello che era del tutto identico a un disegno che lui aveva abbozzato per me, con la differenza che il corpetto da lui disegnato il ricamo finiva a punta, secondo l’uso di una volta, che però a quanto pare non è più di moda.
Mi hanno abbassato la gonna scivolando alla fine del ricamo per farmi capire dove sarebbe finito l’uno e cominciato l’altro, e mi hanno poi fatto provare una giacca di raso di seta che per quanto bella però non riuscivo a vedermi bene addosso, anche se loro mi hanno detto di non preoccuparmi perché avrebbero portato altre cose più in là e avrei potuto provare altri accessori, purché il giacchino, ove voluto (e probabilmente ne sceglierò uno visto che il matrimonio è ad Aprile) sarebbe stato compreso nel prezzo finale e così è stato.
Anche in questo loro sono state molto carine perché hanno subito chiarito quali lavori si sarebbero fatti, dalla costruzione dell’abito su misura (dopo che l’ho tolto mi hanno preso le misure in camerino, chiedendomi di aggiornarle in caso di cambiamenti particolari, di qua alla prima prova, fissata per ottobre): le tempistiche sarebbero state molto lunghe, dovendolo realizzare da zero su misura, apposta per me.
Questa occasione mi ha fatto pensare intanto a quanto le idee chiare contino, nelle scelte importanti e che comunque sia fondamentale anche affidarsi a persone esperte, sapendo che hanno più esperienza di noi. Ho anche capito la bellezza del non farsi prendere dal panico o dalla sensazione di non essere perfetti perché anche in questo caso, la cosa si è risolta da sola, e abbiamo messo un altro punto fondamentale nell’organizzazione del matrimonio.