Il matrimonio di Denis e Roberta a Ziano Piacentino, Piacenza
Di sera Estate Bordeaux 5 professionisti
D&R
26 Lug, 2019Il racconto del nostro matrimonio
Sono dietro al cancello di Torre Fornello, mano nella mano con la mia bimba di tre anni. È il momento. Per mesi è stato un pensiero felice, bello da ammirare da lontano. E adesso sono lì, che devo solo svoltare l’angolo del cancello e si va in scena davvero. E sembra un sogno, ancora più ovattato di tutti i sogni che ho fatto negli ultimi mesi, dove mancava sempre qualcosa: dallo smalto, alla torta fino allo sposo.
Eravamo partiti ore in anticipo e come in tutti i matrimoni – i cliché sono veri – l’ultima mezz’ora è stata folle. Anita ancora da preparare, niente foto all’arrivo degli ospiti, sudo, dal caldo della mia stanzetta e dall’agitazione, e il reggiseno di silicone adesivo mi scivola quasi alle ginocchia. Resto senza tette e con l’abito vuoto che continuo a cercare di sistemare mentre scendo le scale, mia nipote mi sgrida di non toccarlo più, la fotografa mi dice di tornare indietro di qualche passo perché c’era proprio una luce perfetta per la foto e io devo assicurarmi che Anita faccia tutti i passi avanti che servono per arrivare dallo sposo. Indietro non me li posso permettere.
Continua a leggere »Lì, dietro il cancello, con il parrucchiere che mi sorride soddisfatto e lo sguardo “dai che ‘ja fai”, mia nipote che dà l’ok per far partire "Thank You" dei Led Zeppelin, io non sono pronta. Mi salgono le lacrime direttamente dalla bocca dello stomaco. Quelle che ero riuscita a sedare da qualche giorno, quelle che hanno iniziato a esplodere a geyser quando ho scelto questa canzone per il mio ingresso e ho iniziato a immaginare di camminare guardando Denis aspettarmi mentre Robert Plant urla “for you to me are the only one”.
Qualcuno mi dice: “Non piangere, sorridi, è la tua giornata”. È retorico, se mi scoppia dall’esofago non è che se mi dici di smettere, smetto. E invece smetto. Tiro il fiato, guardo Anita e giro l’angolo e boom.
Un’ondata di bellezza mi esplode in faccia come un airbag. Di quella bellezza che davvero potrebbe salvare il mondo. La bellezza della location e delle sue colline. Di ogni fiore e ogni dettaglio al posto giusto. Del mondo che sembra essersi fermato. Degli ospiti che mi aspettano tutti in piedi. Dei loro sorrisi. Tutti sorridono
La bellezza di mio padre che è pieno di tic dalla commozione e di tutto quello che passa ogni giorno negli ultimi tre anni e che sta cercando di ingoiare per “la mia giornata”. Del mio sposo.
Cambio di coppia. Do il braccio a mio padre e Anita mi precede con gli anelli, accompagnata da mia nipote. Si gratta la testa, non capisce quello che sta succedendo. Per mesi abbiamo provato a spiegarle come sarebbe andata, ma è troppo per lei. Però non si ferma, e nel suo vestitino verde che ha voluto tanto arriva a compiere la sua missione.
Ed ecco che mi fermano a metà percorso. Ingenua penso sia per qualche foto e invece, a un tratto, sono in mezzo alla famiglia reale e all’altare mi aspetta Filippo.
È la sorpresa dello sposo che tanto temevo. Io, fissata con la Regina Elisabetta II, sto sposando un uomo che a un minuto e mezzo dall’inizio del mio matrimonio mi toglie il fiato dal ridere con le maschere della royal family. E così finisco la mia camminata tra Kate, Carlo, Camilla e sì, anche quella serpe di Meghan Markle. Quando mi chiederò perché l’ho sposato, ricordatemi di questo momento.
La cerimonia è un pendolo perfetto tra lacrime e risate. Cecilia, mia amica, ex collega e ahimè mio avvocato, ci sorprende con un discorso degno della migliore arringa dei film americani. Alberto, diacono e mio professore di religione del liceo, è commosso ancora prima di iniziare a parlare, dopo aver fatto un’ora e mezza di strada per venire a benedire gli anelli nonostante la cerimonia civile. I miei ringraziamenti, Denis incredibilmente commosso, lo scambio degli anelli, “mo’ calza” mi dice Denis, l’ho sempre sognato e scoppio a ridere. Ancora. Siamo marito e moglie.
Le bombe di coriandoli oro esplodono e parte la playlist. La mia adorata playlist di cui vado così fiera, frutto di aggiustamenti durati mesi. DJ Manza è già scatenato, Police, Pearl Jam, i Cure, è venerdì e saltello con il mio primo bicchiere di vino, “It’s Friday, I’m in love”.
Abbraccio tutti, cosa rara per me, ma oggi mi piace, strizzo tutti e assorbo bellezza.
Il mio abito sembra fatto d’aria. E invece è seta, voile e pizzo, scelto con la sarta e cucito dalle sue dita tutte storte fino a murarsi in casa affinché nulla potesse succederle prima di finirlo. Non volevo la coda perché dovevo essere comoda, ma lei mi ha convinta a tenerla e ora mi segue discreta e impalpabile mentre corro e svolazzo con la mia ben discutibile grazia.
Si va tutti a tavola, ma noi no, è il momento delle foto. In mezzo al vigneto, con la luce della sera che sembra faccia parte dell’allestimento. Laura, la fotografa, si danna l’anima per cercare lo scatto perfetto. Ci dice di parlarci e noi parliamo di quanto vogliamo tornare alla festa.
Quando ci torniamo è tutto lì, come l’avevo sognato e meglio. Le mie tavolate di legno nudo, piantine aromatiche, le lucine, le mie amate e tanto desiderate lucine - grazie pioggia per aver aspettato – sono sopra di noi e sono una meraviglia.
Cerco di parlare con tutti e non ricordo di aver parlato più di un minuto con nessuno, il buffet degli antipasti, meraviglioso, lo scopro solo in foto qualche giorno dopo, mi perdo tante cose, ma non importa, non è questo.
Quello che non mi perdo è il sorriso estasiato di tutti i presenti, dai bambini pieni di gadget alla nonna. Della mia dancefloor circondata di fili di led che aspettano solo di ricoprire gli ospiti. Di mia figlia con una coroncina di luci in testa, tatuaggi, starlight e un palloncino che la rende visibile ovunque vada.
Piedi nudi già all’antipasto, i cori con il trash anni ’90, mia mamma che svuota un bicchiere alla goccia perché ha cercato di aiutare lo sposo in un perfido quiz per liberarsi di una palla di 5 kg legata al piede e le danze che iniziano molto prima del previsto. "Ragazzi, tornate a tavola che c’è il secondo, ragazzi, hey, a tavola o vi mettiamo la Pausini".
Il taglio della torta, i Kings of Leon, altre luci. E Las Vegas muta. Anita crolla nel passeggino e noi continuiamo a ballare. Balliamo la nostra adolescenza, ora con il male alla milza, ma non ci fermiamo. Mio padre balla per la prima volta dopo almeno 12 anni, tutti sono ricoperti di led, nonna compresa, di cristalli in faccia, di coroncine, di occhiali alla John Lennon e poi lo zucchero filato, i cocktail studiati ad hoc che portano i nostri nomi, i paninetti per asciugare l’alcol, l’avvocato fa bolle di sapone seduta per terra di fianco al narghilè, sembra il Brucaliffo, ed è tutto bellezza. Ondate di bellezza a ripetizione.
Una bellezza che non cessa quando tolgo il trucco o la coroncina di fiori e sciolgo l’acconciatura. E nemmeno il giorno dopo, la settimana dopo, quando ancora ti arrivano i messaggi di ringraziamento degli ospiti.
Tutti mi chiedevano perché fossi agitata, che già avevamo una figlia e che non sarebbe cambiato niente. Non è cambiato l’amore per lui, né la promessa che sarà per sempre. Ma tutta quella bellezza non lascia niente immutato. Non lo so se salverà il mondo, ma la bellezza vera di dosso non ti si toglie più.
Servizi e professionisti del matrimonio di Denis e Roberta
Altri Fornitori
Altre nozze - Torre Fornello
Visualizza tutto
Altre nozze - Piacenza
Visualizza tutto
Prendi ispirazione da questi reportage
Lascia un commento