Il matrimonio di Ottavia e Dimitri a Verona, Verona
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O&D
22 Giu, 2019Il racconto del nostro matrimonio
Nonostante i più erano venuti a sapere della nostra scelta solo 7-8 mesi prima, lavoravamo a questa giornata già da due anni. Tutto doveva essere perfetto. Avevamo valutato ogni minimo dettaglio per la scelta della location per la cerimonia, dalla location per il ricevimento, dell’auto da usare, del cibo, della musica e degli intrattenimenti vari...tranne il tempo: quello non potevamo deciderlo. Potevamo solo sperare nella fortuna. Cosa che sembrava avesse voluto voltarci le spalle. Da più di una settimana le previsioni del tempo davano sole e caldo fino a venerdì, sabato temporali anche di forte entità e da domenica sarebbe tornato il bello. Ottavia era disperata, ai limiti di una crisi di panico già due giorni prima della fatidica data. Non ricordo bene cosa le avevo detto, ma due giorni prima, arrivati alla location per il ricevimento per consegnare le cose per la festa (cose che non sarebbero servite in caso di mal tempo, per dire) l'avevo abbracciata e le avevo promesso che non avrebbe piovuto. Da quel momento in poi, era diventata lei stessa riassicuratrice di tutti i nostri amici e familiari preoccupati per il meteo: "Dimitri ha detto che non pioverà" diceva. Intanto ero andato a comprare un ombrello bianco da sposa...non si sa mai.
Continua a leggere »Giorno 22. Sabato, ore 08:30. Mi sveglia un messaggio. Mi giro, prendo il telefono e con un occhio chiuso per mettere a fuoco meglio guardo il messaggio. È Ottavia che mi manda una foto di lei a casa di sua madre, dove ha passato la notte, già sullo sgabello con parrucchiera e truccatrice all'opera, tavolo imbandito con buffet e stuzzichini per ospiti vari, e buongiorno con cuoricini incorporati. Ma che ore sono? Mi sdraio di nuovo sul letto ma...che ci fa mio padre a letto con me? E cos'è questo mal di testa che non mi sta facendo neanche ragionare? Ok. La cenetta tranquilla con i testimoni di ieri sera non dev'essere stata poi così tranquilla. Le foto sul cellulare mi mostrano la dura realtà: alle 4 ero ancora al pub con mio padre, i miei testimoni e qualche amico. Ok. Caffè, aulin e si comincia. Fuori piove. Tanto. Finiì di sistemare casa buttando nel bidone del vetro le bottiglie vuote della sera prima e misi al lavoro mio padre: “Te prepara gli stuzzichini, io preparo la tavola con i piatti freddi!”. Il tempo stringeva e dovevo ancora andare dalla fiorista a prendere il bouquet e il fiocco per la macchina. Nemmeno il tempo di tornare che alle 11 già alcuni amici si fecero vivi. "Siamo venuti a salutarti e a bere l'aperitivo"...”quello ve lo bevete voi” - pensai io – “non ne voglio sapere fino alla prossima vita!”. Nel frattempo arrivarono anche i fotografi: le cose si stavano facendo serie. Era ora di indossare quell'abito che io e mia madre avevamo scelto fra mille visti e provati, girando tutta la provincia di Verona. Non me l'ero mai provato prima di quel giorno. Completo di tutto intendo, accessori, papillon, scarpe ecc... E pensare che Ottavia il suo se l'era già messo almeno 5 volte prima di quel giorno. Ah...donne! Comunque mi stava a pennello. In fondo non avevo dubbi: mia mamma non sbaglia mai quando si parla di vestiti. Anche mia sorella Eleonora, che mi aiutò a vestirmi, mi aveva dato una grande mano nel decidere accessori e stile. Ero in una botte di ferro! Arrivò anche Isabella, 3 anni e mezzo, nostra figlia, che quella notte aveva dormito dalla nonna. La nostra damigella d’onore. La mattina era stata dalla parrucchiera con la nonna ed era tutta orgogliosa di questo. Era bellissima con quello chignon. Lei avrebbe avuto un compito speciale quel giorno: portarci le fedi.
Nel frattempo Ottavia, finito di prepararsi, insieme a suo padre e a Massimo, il nostro amico che si era offerto di farci da autista, si recarono a Negrar di Valpolicella a trovare la nonna di Ottavia: i suoi 93 anni le impedivano di partecipare alla giornata, ma per nulla al mondo doveva perdersi sua nipote vestita da sposa. Lei vive a casa degli zii di Ottavia. Dalla zia Cecilia per la precisione: l’agitazione fatta in persona. “Non sederti che si rovina il vestito”, “non bere che sennò ti scappa la pipi!”, “non mangiare che se ti sporchi sono guai!”…fino alla fatidica frase di Ottavia che scatenò il panico totale: “Zia: mi scappa la pipì.”, cosa che naturalmente non era vera. Ma voi non conoscete la perfidia di Ottavia. Quando mi raccontò come la zia Ceci aveva organizzato la sosta al bagno, risi per un'ora: il gelo era piombato nella stanza e con una voce fievole mista tra stupore e disperazione aveva detto: “noo…”. Ma non era passato un secondo che un ordine perentorio aveva echeggiato nella casa: “Tutti i maschi in balcone!!!”. Ogni persona di sesso femminile avrebbe avuto un ruolo nell’operazione “Pipì”. Chi doveva tenere un lato del vestito, chi l’altro, chi lo strascico, chi doveva passare le cose. La zia Ceci impartiva ordini a tutti mentre Ottavia stava morendo dalle risate a vedere tutta quella inutile frenesia. Sembrava che tutti fossero agitati…tranne lei! Il tempo passò in fretta ma, come ogni sposa che si rispetti, non poteva certo arrivare in orario al suo matrimonio. Allora decisero di farsi un aperitivo papà e figlia lungo il tragitto. Ore 13:00. Casa mia. Pioveva ancora.
Piano piano tutti se ne andarono a finire di prepararsi. Io rimasi solo con una famiglia di miei amici di Treviso che avevano approfittato di casa mia per cambiarsi, in modo da poter fare il viaggio con abiti comodi. Gli stessi che poi mi accompagnarono a Palazzo Barbieri, municipio di Verona, in Piazza Brà, proprio sotto l'Arena, luogo dove avremmo celebrato le nozze. La loro prima frase quando sono entrati in casa fu: "Oh Dimi: in autostrada si viaggiava ai 40 all'ora da tanta acqua che veniva!". Bene…! Ore 14:00 smette di piovere. Ore 14:10 è ora di partire. Arrivammo in centro a Verona verso le 14:30. Ilaria e Letizia, le testimoni della sposa, stavano già consegnando le wedding bags alle invitate: borse fatte da Ottavia con dentro un ventaglio, una bottiglietta d’acqua, salviette rinfrescanti, antizanzare, fazzoletti di carta, caramelle e bolle di sapone; mentre i miei amici stavano arrivando con tavolini e bottiglie di prosecco per il brindisi a fine cerimonia. Un timido raggio di sole stava bucando le nuvole. Piano piano gli invitati stavano arrivando. Tutti bellissimi ed elegantissimi. Isabella aveva un gran da fare a giocare con la sua amica Martina su e giù per i gradoni del palazzo e ad elemosinare caramelle contenute nelle wedding bags. Ore 15:10. Chiamai una testimone della sposa e chiesi se Ottavia avesse dato diposizioni per il suo arrivo. “Si” mi disse. “Tutti fuori a vederla arrivare e tu dentro”. “Io dentro da solo e mi perdo l’arrivo?! Seeee!! Ciao proprio!”. Presi Isabella e ci mettemmo in cima alla scalinata, in mezzo al tappeto rosso steso per l’occasione. Isabella aveva il suo mini bouquet. Uguale alla mamma, solo più piccolo. Molto più piccolo. Mentre io avevo quello della sposa. Ore 15:15. Le nuvole se n’erano andate completamente, il sole era uscito e la giornata era bella fresca. Ad un certo punto, in lontananza, l’inconfondibile rombo del motore V6 della Maserati Levante Gransport con i suoi 450 cavalli, settato perennemente in modalità sport, si udì in lontananza. Stava arrivando la sposa! La mia sposa! Ecco, forse solo in quel momento capii al 100% cosa stava succedendo…e l’agitazione cominciò a salire.
L’auto si fermò poco distante dalla scalinata, ma esattamente nel lato opposto rispetto alla posizione dei fotografi, obbligandoli ad una corsa in stile centometristi urlando “Aspetta a scendere!”. Ottavia, per raggiungere la scalinata, dovette fare una breve sfilata in mezzo a turisti provenienti da tutto il mondo i quali, per un momento, smisero di ammirare le meraviglie storiche e architettoniche della nostra città, per guardare e fotografare la meraviglia di quella che, da lì a poco, sarebbe diventata mia moglie. Era veramente incantevole: ovviamente non avevo mai visto prima il suo vestito, mi aveva solo accennato a qualche piccolo particolare, ma una cosa così bella non sarei mai riuscito ad immaginarmela. Era bellissima. Io cercavo di calmare un po’ la mia agitazione parlando con Isabella, dicendole “Guarda la mamma quant’è bella…”, ma pure lei era senza parole. E che è tutto un dire! Subito dopo mi cadde l’occhio sul panciotto del papà della sposa: ma come!!! È uguale al mio!!! Ma dai!!! Nemmeno a farlo apposta. Comunque, a parte mia sorella, sembrava che nessuno se ne fosse accorto. Sembrava.
Salendo le scale, tutto l’indottrinamento sul portamento ricevuto dall’atelier passò in secondo piano, per Ottavia la missione era una soltanto: non inciampare! Cosa che riuscì in buona parte devo dire. Infatti arrivò in cima sana e salva. Le diedi il bouquet e poi la abbracciai. Stava succedendo per davvero! Anche Isabella voleva la sua dose di coccole dalla mamma, che ricevette in abbondanza. Poi la nonna Alda riuscì a staccarla, permettendo agli ospiti e a noi di entrare. Sala Arazzi era addobbata per i grandi eventi ed una musicista con un’arpa celtica accompagnò l’ingresso degli ospiti. Dietro al banco, ad attenderci, c’era l’assessore Bertacco, che avrebbe celebrato il matrimonio. La cerimonia vera e propria fu breve, come ogni rito civile, ed in tutto ciò una sola cosa dovevo imparare a memoria: le promesse. Ottavia me le aveva già scritte un mese prima. Meno male che avevo il foglietto con me.
Arrivò il momento di Isabella. Mi stupì molto il senso di responsabilità che le lessi negli occhi mentre ci portava le fedi. Sapeva che stava facendo qualcosa di molto importante. Per un minuto “smise” di essere bambina: era la nostra damigella. Quando tutto sembrava finito, con un colpo di scena inaspettato, Ottavia ci stupì tutti con un emozionantissimo discorso di ringraziamenti. Trattenere le lacrime dalla commozione fu impossibile. Ebbe parole belle per tutti: dai familiari agli amici di vecchia data, dai colleghi di lavoro ai parenti più lontani. Fu bellissimo. Poi toccò a mia mamma. Pure lei si era preparata un discorso. Si alzò in piedi, e cominciò: “Volevo anch’io dire una cosa: volevo ringraziare loro per….” e scoppiò in pianto sfrenato senza riuscire a finire il discorso. Sapevo che avrebbe voluto ringraziarci per aver regalato alle nostre famiglie Isabella, ma quel che successe fu esilarante: ridevano tutti. Sicuramente spezzò quell’aria di commozione che Ottavia aveva creato col suo discorso. Lentamente gli invitati uscirono, e poi uscimmo noi. Ottavia aveva preparato i coni con un totale di 8 kg di riso. 4 me li ritrovai poi nelle mutande. Un mare di stelle filanti, riso e bolle di sapone diede il benvenuto alla nuova coppia di sposi! E subito ci arrivò in mano un calice di prosecco: il nostro primo brindisi da sposati! 12 litri di prosecco evaporarono in meno di 15 minuti. Meno male che non c’era il caldo dei giorni precedenti! Nel salutare tutti, non vi nascondo che continuavo ad allungare l’occhio per vedere se c’erano anche i miei colleghi. Quel giorno erano di turno, ma mi avevano promesso che, salvo esigenze di servizio, sarebbero arrivati con i camion dei Vigili del Fuoco a fare un po’ di chiasso. Ma non c’erano. Il maltempo che si era abbattuto fino a poche ore prima e che si stava ancora abbattendo nell’est veronese, stava dando filo da torcere ai Vigili del Fuoco di Verona. Peccato, ma comunque li avrei rivisti alla sera.
Era il momento delle foto! Vero motivo per il quale avevamo scelto il centro storico di Verona come location per la cerimonia. Camminammo in mezzo alla folla di turisti che si allargava al nostro passaggio, commesse che uscivano fuori dai negozi per vedere la sposa, gente che ci faceva gli aguri…e cinesi che volevano la foto con noi. Immancabili. Passammo anche a salutare Elio, un nostro caro amico che, dopo la pensione si è messo a vendere souvenir proprio fuori dall’Arena. Non se l’aspettava! Appena Ottavia lo chiamò non riuscì a dir niente. Gli uscì solo un “aspetta…ti regalo questo”: un bellissimo ventaglio di pizzo bianco. Gli occhi lucidi dissero tutto il resto.
La nostra passeggiata proseguì per Via Mazzini, Piazza delle Erbe, Palazzo della Ragione per poi finire in via Sottoriva e li, l’aperitivo era d’obbligo. Birretta per i fotografi e una bollicina per noi. Il tutto offerto da un anonimo. Pensiamo sia stato quel turista che si è alzato poco prima di noi. Ma non ne siamo sicuri. Hei tu! Se stai leggendo questo: grazie! Con calma ritornammo alla macchina. Arrivammo al ristorante per le 19 mentre gli ospiti erano attesi già alle 18 col buffet. Ah, prima di arrivare, ci prendemmo cinque minuti solo per noi in una osteria poco più sotto. Cinque minuti di pausa caffè prima di buttarsi nella mischia. La tenuta, una cosa meravigliosa, da togliere il respiro. Se ci fosse stato il brutto tempo promesso da giorni, avrebbe perso gran parte del suo fascino. Ma così non è stato anzi!
Passammo sotto agli ulivi e raggiungemmo la zona dove gli ospiti si stavano gustando il buffet ed il panorama: un grande terrazzo che permetteva di vedere tutto il lago di Garda. Si vedeva benissimo Sirmione, Salò…era limpidissimo. Dopo qualche saluto, ci accingemmo ad assaggiare gli antipasti. Prima però, ci accorgemmo che i fotografi erano sopra la terrazza. Ottavia, istintivamente li salutò e in men che non si dica, tutti gli invitati, incuriositi, si avvicinarono a noi: il risultato fu una bellissima foto di gruppo. Poi ci sedemmo al nostro tavolo con già tutti i piatti previsti nel buffet davanti a noi. Ora ho capito perché non tutti sono venuti ad accoglierci all’ingresso ma sono rimasti a mangiare di gusto.
Non mancarono di certo foto e selfie di rito, brindisi vari e tante risate. Finito di mangiare gli antipasti, Ottavia radunò tutte le ragazze: era il momento del lancio del bouquet. Naturalmente, mancava una delle testimoni che la raggiunse tutta trafelata. Fu un lancio da campione e mentre alcune invitate cercavano disperatamente di evitare il bouquet, altre rischiarono di azzuffarsi per prenderlo. La fortunata fu Jessica, una collega alla quale Ottavia è molto affezionata.
Verso le 20:15 Simone ci invitò ad entrare, era l’ora della cena. “Perché? C’è ancora da mangiare?” esclamò mia zia. “Io sono strapiena!!”. Era il pensiero di tanti, ma lei ebbe il coraggio di ammetterlo. O forse le uscì fuori senza pensarci. All’interno, seduti in tavoli rotondi da 8-10 persone, sapientemente organizzati da Ottavia fin dal primo giorno che scegliemmo quella location
Ottavia aveva pensato anche a quel momento. Sapendo che il momento della cena è quello con più momenti morti (e da noi non dovevano esserci momenti morti!), aveva deciso di creare un gioco a premi per gli ospiti: ogni tavolo avrebbe trovato una busta con 30 domande che riguardavano noi, sia come coppia che come singoli. Alcune risposte solo i parenti stretti di Ottavia potevano saperle, altre solo i miei amici più datati. Non potete immaginare che trambusto che creò quel gioco. Una mia amica che andava dallo zio di Ottavia per cercare di corromperlo. Parenti di entrambi che non si sono mai visti prima di allora seduti uno accanto all’altro per cercare di rispondere a più domande possibili. Mia mamma tartassata dai miei amici per sapere alcune risposte. E’ stato da sbellicarsi dalle risate!
Finita la cena, uscimmo all’aperto. Un fantastico cielo stellato si era aperto sopra di noi, le luci delle candele creavano un’atmosfera ineguagliabile. Alcuni ospiti si stavano già preparando i sacchettini con i confetti nella zona della confettata, altri si stavano degustando della buonissima cioccolata fondente fumando un sigaro cubano sorseggiando Rum, altri ancora chiacchieravano tra di loro: quel gioco così semplice e facile da realizzare, aveva permesso di rompere il ghiaccio tra gli invitati che prima non si conoscevano. La musica lounge in filodiffusione rendeva l'atmosfera perfetta. Arrivarono anche i miei colleghi! Ora sì che eravamo al completo! Ero felicissimo di vederli. Che si voglia o no, diventano la tua seconda famiglia.
Verso le 22:30. Arrivò il momento del taglio della torta, che era allestito all’aperto con il Lago di Garda sullo sfondo; una bellissima torta a più piani era pronta per essere tagliata da noi, circondati da mille candeline scintillanti che ogni ospite aveva acceso. Lo staff in seguito completò l’opera distribuendo la torta agli ospiti. Si, solo agli ospiti. Io infatti mi dimenticai di andare a prenderla poiché ero impegnato a ballare con Isabella sulla pista da ballo: i DJ stavano scaldando l’atmosfera con un bel funky e lei cercava qualcuno con cui ballare. E brava Isabella!
Non appena anche Ottavia entrò fu il momenti dei giochi: i nostri amici avevano organizzato il crucisposi e il classico gioco delle scarpe. Niente incongruenze: siamo stati troppo bravi. Poi c’è stato il gioco della giarrettiera: il mio compito consisteva nel toglierla con la bocca dalla gamba di Ottavia e poi lanciarla. Diciamo che è come il lancio del bouquet per la donna: chi lo prende, si sposa. Solitamente c’è un fuggi fuggi generale tra gli uomini, ma non in quel caso. Rendendo onore al motto “Il pompiere paura non ne ha!” i miei colleghi fecero a botte per prenderla. Federico fu il vincitore…e ci credo: è alto quasi due metri! Per la cronaca la giarrettiera è tuttora appesa nell’ufficio del comandante.
Finiti i giochi, le luci si abbassarono e il deejay ci diede il benvenuto con “Perfect” di Ed Sheeran: il nostro primo ballo. Fu super emozionante. Poi le luci cominciarono a vibrare, la musica si alzò…e via!!! La festa poteva iniziare! Musica anni 80-90-2000, funky, afro… tutti stavano ballando. Le ragazze si levarono le scarpe col tacco e si misero le infradito che avevamo preparato per tutte nell’angolo “cambio gomme”. L’open bar distribuì cocktails a non finire e la povera barista fece l’impossibile per star dietro a tutti e per chi aveva esagerato, c’era l’hangover kit, un sacchettino di juta con una grossa croce rossa impressa. All’interno, il malandato avrebbe trovato: una bottiglietta d’acqua, sali minerali, un alcool test, caramelle alla menta, collirio alla camomilla ed un pacchetto di cracker. Nonostante la festa continuasse, qualche ospite cominciava a salutarci. Li accompagnavamo ad un tavolo rotondo dove erano disposte le nostre bomboniere. Avevamo preparato come bomboniera una bottiglia di Vapolicella Ripasso del 2016 con etichetta personalizzata, mentre per i testimoni una bottiglia di Amarone della Valpolicella del 2013 anch'essa con etichetta dedicata, custodita all'interno di una scatola in legno. Le una arrivarono in fretta. Troppo in fretta. La festa era finita. Col senno di poi avrei preso due ore extra, non solo una. Ma va beh: nessun problema. La discoteca Hollywood distava 10 minuti di macchina da lì, quindi, chi aveva ancora fiato, poteva seguirci a proseguire la festa in disco! Una ventina di coraggiosi ci seguì. Lo staff dell’Hollywood ci accolse offrendoci l’ingresso. Tutti i ragazzi e le ragazze ci salutavano, scambiavano due parole, facevano un brindisi con noi. Gruppi di addii al nubilato a chiederci consigli o a farsi selfie con la sposa… bellissimo! Poi tutti in pista a ballare fino a chiusura!
Alle 4 uscimmo e ritornammo a casa. Salutammo il nostro autista e mi accinsi a portare la macchina in garage. Ma le chiavi? Solo in quel momento ci ricordammo che un mazzo l’avevamo lasciato ai miei genitori, ma svegliarli alle 4:30 di notte non era proprio una bella idea visto che avevano anche Isabella a letto con loro. L’altro mazzo ce l’aveva la sorella di Ottavia nonché sua testimone Ilaria, che era uscita dalla discoteca con noi: sarebbe stata sicuramente sveglia. La chiamammo per darci appuntamento sotto casa sua. Una volta arrivati, recuperammo le chiavi ma…un buchettino nello stomaco si aprì. “Perché non andiamo a mangiare un krapfen in centro?” dissi io. Ovviamente accettarono. E via, di nuovo in centro a Verona, dove alle 5:15 del mattino, ancora con i vestiti da sposi addosso, ci riducemmo nel retrobottega di una pasticceria a comprare delle brioche calde appena sfornate. Ci voleva. Poi ritornammo a casa. Nella nostra casa. Era tutto uguale a quando l’abbiamo lasciata. Era cambiata solo una cosa: ora eravamo una famiglia a tutti gli effetti.
PS: il gioco delle domande l’ha vinto il tavolo di mia sorella…e si è aperto un contenzioso con tanto di ricorso sulla domanda “Qual è il dolce preferito dello sposo”. Ci sono ancora gli avvocati al lavoro.
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